GENOVA. 2 GEN. Fu Norberto Bobbio, qualche tempo fa, a titolare “Democrazia dell’applauso” un proprio articolo riferito a specifici accadimenti politici del contesto nazionale.
In tal senso, si potrebbe obiettare che oggi è oggi e ieri è ieri. Che le vicende e le circostanze vorticosamente e drasticamente mutano.
Pensiero ragionevole, ma solo in parte, giacché il principio dei “corsi & ricorsi storici”, ben osservabile a chiunque ne abbia volontà, persiste con inusitato vigore. Si pensi a tal proposito che, nel XIX secolo, il francese Saint Simon identificò “nell’arbitrio, incapacità, intrigo i 3 inconvenienti del Sistema politico”.
Rimarcando ora le doti profetiche di Bobbio come scienziato della politica, ritengo che il sopraddetto titolo, ancor prima del contenuto, sia pertinente e ben rappresentativo della situazione in atto, della progressiva deriva delle essenziali fasi costitutive democratiche della politica.
Un inarrestabile smottamento che, similmente ad una frana, porta rovinosamente con sé a valle tutto ciò che incontra sulla strada.
Ma questa politica, diversamente da una frana, nel suo rovinare tende a voler conservare inalterate le proprie rendite di posizione, i propri privilegi: e, nella confusione, non solo li conserva, ma li tramanda di generazione in generazione, abilitando l’idea democratica ad una forma “totalitaria”, laddove il cittadino, dopo la mera espressione del voto, è spettatore inerme di una smaccata applicazione del criterio parentale negli avvicendamenti dei ruoli pubblici, come si trattasse di beni personali.
Il ruolo politico, confezionato su misura come un abito sartoriale, ha trovato così il modo di superare l’incertezza dell’evento elettorale, palesando, nei fatti, l’inessenzialità della partecipazione dei cittadini alle urne, relegando il voto ad una fase meramente formale.
Il quorum, condizione indispensabile per validare anche una semplice assemblea condominiale, non è d’altronde sempre previsto dal liturgico raccoglimento dinanzi alle urne elettorali.
E questo aspetto, tra l’altro, diviene massimamente preoccupante quando è correlato a certe forme di potere che tramutano in investitura patriarcale una funzione pubblica, democratica.
Una politica che enuncia di essere al servizio della comunità non può non preoccuparsi della comunità stessa, del cosiddetto “Popolo sovrano” (concetto ormai privo di contenuto a causa del non-riconoscimento costituzionale del titolo nobiliare).
L’uso e l’abuso di un’idea utilitaristica e sviante nel concetto di Democrazia produce, da un lato, una “caduta libera della fiducia nelle Istituzioni” (M.Cacciari ne L’Espresso); dall’altro, un evidente abbassamento del livello qualitativo medio dei nostri rappresentanti e dei nostri governanti.
Nessuno si senta tirato in causa poiché ogni fatto ha in re ipso l’eccezione. Nondimeno andrebbe recuperato dalla Classicità, ed immediatamente applicato, il sistema elettivo dell’antica Grecia dove una percentuale di rappresentanti del Governo veniva sorteggiata tra tutti i cittadini (per arricchire la casistica, si narra che, tra gli Apostoli, Mattia fu scelto al posto di Giuda per responso di sorteggio).
Tale procedura potrebbe rivelarsi un valido strumento per rinnovare un contesto politico tendenzialmente paludoso, auto-referenziato e castale.
Massimiliano Barbin Bertorelli