A Yulin, città-prefettura della regione autonoma di Guangxi, nella Repubblica popolare cinese, infatti si compie ogni anno un massacro di proporzioni gigantesche, ovvero il Festival della carne di cane.
Divertente non lo è sicuramente per le migliaia di cani ma anche di gatti, molti di quali catturati per strada o rapiti dalla loro case che, dopo giorni di terrore trascorsi ammassati uno sull’altro in gabbie piccolissime con i musetti spesso legati con la corda per evitare che la “merce si sciupi”, vengono trucidati nelle maniere più crudeli: bolliti vivi, scuoiati mentre ancora respirano, picchiati a morte per renderne la carne più morbida e per procurar loro scariche di adrenalina che, secondo barbare credenze, servirebbe a potenziare l’energia sessuale di chi la consuma.
La Lega Nazionale per la Difesa del Cane ferma volutamente la descrizione delle nefandezze che avvengono al cosiddetto “Festival” che feriscono il profondo del cuore e che si sono viste dettagliatamente documentate da decine di filmati girati sotto copertura da associazioni internazionali e da attivisti locali che per fortuna stanno progressivamente aumentando e prendendo coscienza che gli animali non sono esseri da torturare e macellare tra mille sofferenze.
Purtroppo c’è da aggiungere che la “sagra” di Yulin è solamente la punta dell’iceberg di una “tradizione” diffusa in molti Paesi dell’estremo oriente, dalle due Coree alle Filippine, dalla Thailandia al Vietnam anche se in alcune di queste nazione ufficialmente sarebbe vietata.
Mentre ai quattro angoli della terra i cittadini manifestano indignazione, dolore, disperazione per i tormenti inflitti a questi esseri indifesi, presidenti, premier, politici, capitani d’industria, organizzatori di grandi eventi sportivi non solo tacciono come se queste mattanze non esistessero ma sembrano infastiditi dalle proteste della gente che potrebbero incrinare i rapporti diplomatico-affaristici con Paesi che stanno diventando le più grandi potenze economichedel mondo.
La Lega Nazionale per la Difesa del Cane e gli animalisti dal canto loro però possono contribuire a diffondere la consapevolezza di quanto avviene e sostenere, solidarizzando con loro, chi vive in quei territori e si batte affinché governi come quello cinese, oltre che dell’arricchimento finanziario, si occupi della crescita culturale dei propri abitanti promulgando leggi per la protezione e la tutela degli animali. Come? Sottoscriviamo le centinaia di petizioni che chiedono di abolire il Festival di Yulin come quella di Duo Duo Animal Welfare Project o quella dell’internazionale Human Society international o del sito Care2 petition.
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